La voce nasce dall'ascolto e l'ascolto si attua nel silenzio

Qui di seguito un articolo di Paolo Loss già apparso in BIOGUIDA e in parte riveduto, su voce ascolto e silenzio.

Il silenzio si propone come la strada per ritrovare la propria voce.....
" Il silenzio è il linguaggio della perfezione, mentre il rumore è l'espressione di una situazione difettosa, di un'anomalia o di una vita ancora disordinata, anarchica e bisognosa di essere padroneggiata, elaborata."
Omraan Mikhaël Aïvanhov


Come superare i limiti che la nostra attuale condizione vitale pone alla conoscenza profonda di noi stessi? Tra le proposte suggeritemi dai maestri e dall'esperienza ne individuo due di collaudata efficacia e cioè lo scioglimento delle tensioni muscolari e la riscoperta del respiro profondo e verticalizzante. Nello stesso tempo mi sembra di trovare nella ricerca e nella pratica del silenzio un punto di unificazione tra queste due esperienze. Si apre davanti a noi un percorso di ricerca; esso dovrà partire, in ogni caso, dalla scoperta che la nostra vita quotidiana è piena di rumori e povera di spazi di silenzio; questo silenzio, una volta raggiunto, sarà la medicina di tanti dei nostri mali e la via verso le profondità della nostra coscienza.

Il silenzio esterno

E' necessario in un primo momento farci alcune domande sugli ambienti in cui viviamo, sui livelli di rumorosità che ci circondano e come liberarcene per poi proseguire verso la conquista del silenzio interiore
Purtroppo il nostro corpo tende con facilità ad abituarsi ai più diversi equilibri di stimoli: provate a pensare, ad esempio, a quanto sale mettiamo nei cibi e a quanta fatica facciamo a ritornare a mangiare del cibo meno salato. Allo stesso modo non ci accorgiamo più della quantità di rumore in cui viviamo, tanto ne siamo abituati.

Così Nicoletta Polla Mattiot:"L'udito memorizza il livello sonoro a cui è esposto non permettendo all'orecchio di sentire i suoni naturali, si assuefà tanto che si crea una sorta di dipendenza, come quella di accendere la radio o la televisione appena arrivati a casa".
Le persone abituate a vivere in ambiente molto sonoro, quando sono esposte al silenzio profondo, possono addirittura avere un senso di vertigine: manca loro la parete sonora a cui sono abituati ad appoggiarsi.

Ed ecco alcuni esempi di rumorosità degli ambienti in cui purtroppo, viviamo.

L'ambiente

La casa in cui trascorriamo molto tempo della nostra vita, in cui passiamo le ore dei pasti ma soprattutto le ore del sonno è piena di rumori: la radio o la televisione accesa, la lavatrice, la lavastoviglie o l'aspirapolvere in funzione, i vari attrezzi di cucina di volta in volta in funzione, sono l'accompagnamento poco musicale alle nostre giornate. Il livello di rumorosità delle nostre case ci spinge a parlare ad alta voce per farci sentire e se non siamo noi a farlo possiamo partecipare involontariamente, con l'ascolto, alle chiacchiere ad "alta voce" dei nostri vicini.

Nei momenti in cui tutto ciò tace possiamo sentire addirittura, il "ronfare" del frigorifero. Non esistono veri momenti di silenzio.
In casa arrivano anche i rumori della strada a causa delle finestre aperte o dei serramenti poco adatti a trattenere all'esterno rumori e polvere.

La strada poi, che frequentiamo per recarci al lavoro o al mercato, ci scarica addosso a iosa decibel di motori, di frenate, di clacson, di grida.
La scuola che i nostri figli frequentano non lo è meno. Provenendo da ambienti rumorosi, i nostri ragazzi, conservano e aumentano il livello di rumorosità che poi ricercheranno ancora nelle ore di studio, ascoltando ad esempio, canzoni con le cuffie ad alto volume.

Per molti di noi l'ambiente di lavoro è la continuazione del frastuono della strada.

I danni del rumore

La casa, il bar, la scuola, l'officina, il mercato sono, dal punto di vista della rumorosità, ambienti poco sani: il rumore ad alto volume tiene alto, ad esempio, il livello dell'adrenalina nel sangue.
In estrema sintesi ecco quanto ci dice il dott. Cristiano Ravalli, specialista in medicina del lavoro, elencando i danni causati dal rumore.

Il primo danno, dice il dott. Ravalli, sarà una diminuzione dell'udito ma non ne mancheranno altri a carico di altri organi, ci potranno essere fenomeni a carico dell'apparato cardiocircolatorio come la comparsa di ipertensione e una variazione della frequenza cardiaca e ancora danni all'apparato digerente, all' apparato endocrino (vedi aumento dell'attività del surrene o alterazioni mestruali) e al sistema respiratorio. A margine il dottor Ravalli fa notare che ci possono essere, sempre causati dall'esposizione al rumore, variazioni psicologiche e comportamentali. ( altre informazioni in http://www.arpa.emr.it/pubblicazioni/rumore/generale_475.asp , dove è detto che: " un ambiente acustico è sfavorevole quando costituisce una condizione di pregiudizio per una buona qualità della vita " )

Il discorso comincia a farsi preoccupante: se non facciamo attenzione a ridurre il rumore nella nostra vita siamo a rischio di ritrovarci con molte malattie.

Qualche parola in più (dal punto di vista della immersione continua nel rumore) merita l'esperienza dei nostri ragazzi nelle serate e nei fine settimana. La prima osservazione riguarda il perché della ricerca delle forti sensazioni, siano esse rumori o droghe. Siamo rigidi e insensibili a causa dei traumi della nostra storia, dell'ambiente troppo aggressivo, della cattiva nutrizione che ci avvelena, del respiro ansioso e della mancanza di una corretta attività motoria. Abbiamo formato delle grosse "callosità" difensive in tutto il nostro corpo. Siamo drogati e insensibili, sempre alla ricerca di dosi più elevate di sensazioni e per sentirci vivi aumentiamo le dosi "normali " di sensazioni ed emozioni. Ecco uno dei motivi della ricerca di più alcool, più droga, musica più forte, films più emozionanti.

Vivere con la gente

Spostiamo ora l'attenzione verso il rumore che ci viene dal contatto con le persone.
Le città in cui viviamo sono ambienti poco sani: la presenza continua di elevate quantità di persone sconosciute ci fa sentire sempre in pericolo (la televisione con il suo bombardamento di aggressioni e violenze ne è una delle concause), i continui rumori eccessivamente alti ci stressano, l'aria poco sana ci priva della quantità indispensabile di ossigeno, la mancanza di momenti di silenzio, infine, ci fa vivere come rintronati e senza contatto con noi stessi. Siamo circondati da un ambiente eccessivamente rumoroso e ciò per lunghi periodi. Dove cercare un po' di silenzio?
Due esempi ci aiuteranno a capire che si può vivere in modi diversi.
Viaggio frequentemente in treno e ho occasione di entrare in contatto con persone e gruppi delle più varie provenienze. A distanza di pochi giorni mi sono trovato a contatto con piccoli gruppi di famiglie con bambini piccoli di diversa origine: la prima volta ho incontrato famiglie provenienti dal Bangladesh ma residenti nel Veneto. I genitori, molto giovani, erano tranquilli e così i loro numerosi figli: nessuno correva o gridava. Due giorni dopo ho rivissuto una situazione simile ma questa volta con famiglie italiane: i genitori parlavano tra di loro ad altissimo volume (qualcuno gridava), i figli non stavano un momento tranquilli, correvano per il treno incontrollati. Probabilmente, a questo secondo gruppo, l'abitudine a vivere nella confusione impediva di accorgersi del danno che facevano a sé stessi e a chi era con loro sul treno.
Altrettanto avrete sicuramente notato frequentando i ristoranti in città diverse. Ci sono città in cui nei ristoranti anche il rumore dei piatti è attenuato, tutti parlano sottovoce; se c'è della musica è diffusa ad un livello appena udibile. In altre città avviene il contrario: la musica di sottofondo è troppo alta, l'uso smodato di alcool toglie le inibizioni e di conseguenza tutti parlano forte e la

crescita del frastuono non ha limite. Nel primo caso sicuramente digerirete meglio quanto avrete mangiato.
Un esempio citato dal dottor Paul Chauchard professore di neurofisiologia alla Sorbona nell'introduzione al libro della M. L. Aucher L'homme sonore ci chiarisce a quali conseguenze possiamo andare incontro, se non mettiamo un limite alla rumorosità dell'ambiente in cui viviamo: "Un topolino bianco è stato sottoposto in laboratorio ad una prova di resistenza mentre gli veniva fatto sentire un forte suono di sirena. Dopo pochi secondi il povero topolino veniva colpito da una crisi epilettica e continuando l'esperimento segnalava forti perturbazioni a livello viscerale e vari disturbi nervosi". Se l'esperimento fosse continuato sarebbe sicuramente morto.

Da dove cominciare

Da dove cominciare per attenuare il rumore attorno a noi?
E' necessario fare delle scelte precise nei riguardi dei gesti, delle parole e dell'ascolto.
I gesti poco consapevoli sono in genere generatori di confusione. Aprire e chiudere porte, finestre; spostare sedie possono essere gesti gentili e quasi silenziosi ma, fatti pensando ad altro, possono essere fonte di rumore continuo. Il pasto consumato in un ambiente con la televisione o la radio accesa difficilmente sarà un pasto tranquillo sia per la qualità delle trasmissioni, per il tipo di emozioni da gestire che per il livello della confusione.
Le parole dette sotto stress o rabbia sono poco vicine al silenzio: escono da corpi sotto tensione e magari con la voglia di "colpire" chi ci ascolta.
Se l'ascolto è soffuso di "compassione" verso chi ci parla farà uscire dai nostro cuori comprensione e dolcezza prima che aggressività e manterrà ad un livello più basso la nostra voglia di esplodere di fronte ad un'opinione diversa.
Uno sguardo indagatore e giudice tiene in tensione perenne il collo; ogni parola detta in questa situazione sarà troppo acida per mantenere l'ambiente tranquillo. Tenere sotto controllo gli occhi, ammorbidire lo sguardo, può essere un atteggiamento che, praticato a lungo, favorirà una visione meno pessimistica della vita. Nel caso che questo atteggiamento sia praticato in un incontro tra più persone, la respirazione dei presenti sarà più tranquilla, ognuno saprà attendere il suo turno per parlare e le parole non si accavalleranno, facendo salire il volume della conversazione.
Un ultimo pensiero, prima di chiudere questa parte, in attesa di riprendere l'argomento entrando nel castello del silenzio interiore a cui quello esteriore fa da strada e da porta di ingresso.
Omraan Mikhaël Aïvanhov, nel suo "Il senso del silenzio", afferma:

"E' nel silenzio che il sapere, sepolto nel più profondo di noi stessi, affiora a poco a poco alla coscienza".
Proseguendo sulla strada del silenzio.
"La meditazione di una mente che sia totalmente in silenzio è la benedizione che l'uomo sempre cerca. In questo silenzio ogni qualità del silenzio è."

Jiddu Krishnamurti

Il silenzio prima della parola

Mi piace iniziare da quanto afferma il testo biblico sulle condizioni necessarie perché Dio si manifesti a noi. Con una visione meno dualistica leggo nei due episodi che seguono, un suggerimento su come dobbiamo vivere (nel silenzio) perché la parola di Dio possa essere percepita. Nella terza parte del libro biblico della Sapienza, attribuito al re Salomone, è descritta l'opera di Dio nella storia, dalla creazione alla liberazione dall'Egitto del popolo Ebreo. Nel punto in cui parla della punizione degli Egiziani, mediante l'uccisione dei primogeniti (decima piaga) , descrive così la notte in cui ciò è avvenuto:

"Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo corso, la tua parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, guerriero implacabile, si lanciò in mezzo a quella terra di sterminio, portando, come spada affilata, il tuo ordine inesorabile. Fermatasi, riempì tutto di morte; toccava il cielo e camminava sulla terra".

L'autore, con grande intuizione poetica, sintetizza alcuni degli elementi di quella notte: per primo il silenzio, in cui ogni parola umana cessa e la stessa natura si ferma, in attesa dell'avverarsi di un destino sconosciuto e imprevisto; solo a questo punto la parola di Dio, come una spada, scende sulla terra e su di essa cammina toccando nella sua immensità lo stesso cielo. Il silenzio è mostrato qui come la condizione necessaria perché Dio manifesti la sua potenza con la parola.

Il secondo brano biblico lo lascio raccontare a Dietrich Bonhoeffer ( da ' La vita comune'1906 - 1945, pastore luterano, dalla cattedra universitaria di Berlino alla forca del campo di sterminio di Flossenbürg all'età di 39 anni):
" Nella storia del profeta Elia (I RE 19, 9 - 13) si racconta che, essendo egli, per ordine di Dio alla ricerca del suo successore, fosse arrivato in una grotta per riposarsi in attesa degli ordini di Dio. La narrazione ci dice che la presenza di Dio non fu annunciata ad Elia né dal vento impetuoso, né dal terremoto né dal fuoco ma dalla brezza leggera. Solo al sussurrare della brezza Elia uscì dalla grotta e copertosi il capo si mise all'ascolto della parola di Dio".

" La giusta parola nasce dal silenzio, ed il giusto silenzio nasce dalla parola. Il silenzio del cristiano è un silenzio intento ad ascoltare, un silenzio umile, che, per amore di umiltà, può anche essere interrotto in qualunque momento. Spesso siamo così oppressi e sopraffatti da altri pensieri e immagini e preoccupazioni che passa parecchio tempo prima che Dio riesca a spazzare via tutto e a penetrare nel nostro intimo ".

Chiudo questa parte con un'esperienza personale. Quando da ragazzo, più di cinquant'anni fa, iniziavo a parlare in pubblico, mi ero accorto che gli oratori di successo inserivano grandi pause nei loro discorsi, non solo per prendere fiato ma quasi per percepire l'onda di ritorno delle emozioni del pubblico a cui si rivolgevano. Gli stessi attori di teatro sanno che una parola importante ha bisogno di essere annunciata da una pausa di silenzio; lo spettatore ne ricaverà un forte senso di partecipazione emotiva. Si sentirà vivere con intensità all'interno della 'finzione scenica'.

Il silenzio interiore

La situazione di ascolto che viviamo nel seguire uno spettacolo o nel leggere un libro ci suggerisce che per seguire lo spettacolo o per comprendere un testo dobbiamo raggiungere un certa pace e tranquillità interiori.
Molte emozioni lasciano tracce nel nostro corpo che non riusciamo a togliere in fretta. Le gambe e le mani ci tremano per molto tempo anche dopo la fine dell'episodio scatenante dal punto di vista emotivo. (Ne è causa l'adrenalina, che si diffonde nel sangue in una situazione di pericolo e vi permane a lungo)

Ci chiediamo quali possono essere le strade che permettono all'irrequietezza di prendere possesso della nostra mente per tempi più o meno lunghi.
La più banale è quella delle chiacchiere interiori, attraverso le quali completiamo, in forma ossessiva, colloqui interrotti, diamo e ci diamo spiegazioni su fatti avvenuti, anticipiamo discorsi ancora non avvenuti. Invece di progettare con ordine il nostro tempo e le nostre azioni future ci lasciamo sommergere da un flusso ininterrotto di vaniloqui che tengono acceso il bracere della nostra ansia.

Simile a questa è l'abitudine di pensare sempre al passato o al futuro spostando in una zona di scarsa consapevolezza quanto stiamo facendo. Ci muoviamo e non ricordiamo la strada percorsa, appoggiamo gli oggetti e non ricordiamo dove, parliamo o ascoltiamo discorsi che poi giuriamo di non aver fatto o sentito mentre agivamo pensando ad altro.

Ben più dirompente nei confronti del silenzio interiore è l'esprimere e il proiettare emozioni negative verso di noi stessi come commiserazione o disprezzo o verso gli altri, in forma di giudizio o di condanna con parole (anche solo pensate) pesanti, violente o volgari.
Chi ci sta accanto è vissuto come avversario o nemico e come tale tenuto lontano da noi. In questo modo facciamo finta di essere migliori ed inattaccabili dai giudizi degli altri.

Per quanto tempo un giudizio negativo lascia traccia nel nostro corpo e quindi nella nostra mente, creando un rumore di sottofondo che ci impedisce di prendere contatto con noi stessi?
Se poi i giudizi non cessano di essere espressi, legandosi gli uni agli altri in una catena di negatività che esce in continuazione da noi verso gli altri, ci potrà essere un momento in cui questa tensione psichica e fisica cesserà, dando tranquillità alla nostra mente?

Come spezzare almeno un anello di questa catena?
La risposta è una: dobbiamo riprendere contatto con il nostro corpo attraverso il silenzio esteriore e l'immobilità accompagnati dal respiro profondo. In questo modo e confortati da una guida saggia, sapremo, un po' alla volta, come viviamo e a che punto siamo della nostra strada di progresso interiore e di crescita umana.

I pensieri guida

Ogni pratica di crescita individuale deve essere ordinata e costante altrimenti il lavoro personale porterà poco frutto. Ce lo dice in termini drastici il M° Omraan Mikhaël Aïvanhov
"E' inutile che aspiriate a grandi realizzazioni spirituali se prima non riuscite a interrompere il corso rumoroso e disordinato dei vostri pensieri e dei vostri sentimenti, perché sono essi ad impedire che si stabilisca in voi il vero silenzio , quello che ripara, calma, armonizza e ristora".

E la grande ricercatrice, Vimala Thakar, allieva di Jiddu Krishnamurti:
" La tenerezza, la duttilità liberano molte energie latenti – muscolari, nervose, ghiandolari, cerebrali e non cerebrali – che erano incatenate e bloccate dalla rigidità della coscienza dell'io. Esse si liberano nel momento in cui si è teneri nello spirito della ricerca e si desidera conoscere, scoprire, imparare attraverso occhi, orecchie, naso, attraverso ogni nervo del proprio essere ".
Il pensiero della partecipazione totale del corpo ad ogni esperienza era già noto al poeta (probabilmente S. Ambrogio, morto nel 397 d. c.) autore dell' inno Nunc Sancte nobis Spiritus. Egli scriveva che nella proclamazione cantata della fede devono partecipare" la bocca, la lingua, la mente, i sensi e tutto il vigore vitale ".

Che cosa ci spinge nella ricerca di un sapere più ampio e più vero. Molto probabilmente l'intuizione che superate le prime difficoltà scopriremo ad un livello più profondo il nostro vero essere, la sua matrice divina. Ma anche l'insufficienza delle risposte che ci arrivano dalla vita quotidiana.
Ancora Aïvanhov ci suggerisce: "A sua insaputa, ogni essere umano è il depositario di tutto il sapere dell'universo. Questo sapere, che è depositato molto profondamente in lui, non si muove, non vibra, perché non gliene sono offerte le condizioni; esso gli rimane dunque inaccessibile per molto tempo ".

" Se voi parlate interiormente col cuore, con l'anima, persino le piante, gli uccelli, gli insetti, i pianeti, le stelle vi comprenderanno, poiché il linguaggio del cuore e dell'anima è compreso universalmente. Anche se non parla la vostra lingua, un essere sensibile, ricettivo, capirà i vostri pensieri e i vostri desideri; li sentirà ".

Ecco i cinque gradini che egli ci suggerisce di salire nel percorso di ricerca:

  1. cercare il silenzio esteriore e ed interiore
  2. praticare il canto
  3. praticare il digiuno
  4. ringraziare con il respiro
  5. perseverare

Accanto e prima di queste pratiche molti Maestri suggeriscono di aggiungere la meditazione ma questo discorso ha bisogno di altri spazi.
Per ora ci accontentiamo di questo breve apologo: prima della predica di un maestro buddista, un uccellino iniziò a cantare, il maestro tacque e tutti ascoltarono in rapito silenzio, quando smise, il maestro annunciò che la predica era finita e se ne andò.

Bibliografia

Nicoletta Polla Mattiot, Riscoprire il silenzio Baldini Castoldi Dalai Editore

Omraam Mikhael Aivanhov, Il senso del silenzio, Edizioni Prosveta

Vimala Thakar, Il mistero del silenzio, Ubaldini editore

Scarica il PDF